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La temperatura del Sole, che raggiunge circa 15 milioni di gradi Celsius nel suo nucleo, diminuisce costantemente con la distanza dal nucleo, scendendo a 6000°C alla sua “superficie”. Logicamente, dovrebbe quindi continuare a diminuire nell’atmosfera. Invece, sale a circa 10.000°C nella cromosfera, e supera il milione di gradi Celsius nella corona. Quindi quale fonte di energia può riscaldare l’atmosfera e mantenerla a temperature così elevate? Per circa un secolo, questa domanda ha lasciato perplessi gli astrofisici, tanto più che riguarda l’origine del vento solare che colpisce la Terra.

Anche se c’erano pochi dubbi che parte dell’energia dall’interno del Sole raggiungesse i suoi strati esterni, il meccanismo esatto rimaneva un mistero. I ricercatori si sono concentrati sul campo magnetico su piccola scala, che, ad eccezione delle macchie solari, ha un aspetto “sale e pepe”.

Utilizzando potenti modelli numerici eseguiti su computer del Centre de Physique Théorique (CNRS/École Polytechnique) e GENCI all’IDRIS-CNRS, il team ha eseguito una simulazione per diverse ore, basata su un modello composto da diversi strati, uno interno al Sole e gli altri nella sua atmosfera. I ricercatori hanno osservato che il sottile strato sotto la superficie del Sole si comporta in realtà come una pentola poco profonda contenente plasma bollente, riscaldato dal basso e che forma delle “bolle” associate a granuli. Questa zuppa di plasma bollente genera un processo di dinamo che amplifica e mantiene il campo magnetico. Come il campo emerge dalla superficie, assume un aspetto sale e pepe, formando concentrazioni soprannominate ‘mesospots’ che sono più grandi, meno numerosi e più persistenti, tutto ciò è coerente con le osservazioni.

Gli scienziati hanno anche scoperto che una struttura simile a una foresta di mangrovie appare intorno ai mesospots solari: intricate ‘radici cromosferiche’ si immergono negli spazi tra i granuli, circondando ‘tronchi d’albero magnetici’ che salgono verso la corona e sono associati con il campo magnetico su larga scala.

I calcoli dei ricercatori mostrano che, nella cromosfera, il riscaldamento dell’atmosfera risulta da molteplici micro-eruzioni nelle radici della mangrovia che portano intensa corrente elettrica, al passo con le ‘bolle’ del plasma in ebollizione. Hanno anche scoperto che eventi eruttivi più grandi ma meno numerosi hanno luogo nelle vicinanze dei mesospot, anche se questi non sono in grado di riscaldare la corona superiore su scala più ampia.

Questo processo eruttivo genera onde ‘magnetiche’ lungo i tronchi degli alberi, un po’ come il suono che viaggia lungo una corda pizzicata. Queste onde trasportano poi energia alla corona superiore, che viene riscaldata dalla loro progressiva dissipazione. I calcoli degli scienziati mostrano anche che la materia espulsa ricade verso la superficie e forma dei tornado, che sono stati effettivamente osservati. Vengono prodotti anche sottili getti di plasma vicino ai tronchi degli alberi, associati alle spicole scoperte di recente. Tutti questi fenomeni, che sono stati accertati singolarmente ma non spiegati, costituiscono vari canali di energia prodotti dal plasma in ebollizione, piuttosto che la singola fonte finora postulata.

I ricercatori hanno trovato che i flussi di energia dei loro meccanismi corrispondono a quelli richiesti da tutti gli studi per mantenere la temperatura del plasma nell’atmosfera solare, cioè 4.500 W/m2 nella cromosfera e 300 W/m2 nella corona.

Note:

1 Le linee del campo magnetico sono strutturate come radici e rami.

2 Il plasma, spesso chiamato il quarto stato della materia, qui rappresenta un fluido elettricamente conduttore.

3 Spicule: un sottile getto di materia che emerge dalla cromosfera ed entra nella corona.

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