Dubship I – Black Starliner

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Ancora qui domani per darti il cinque di ieri… La continua esplorazione del fenomeno del viaggio e della migrazione attraverso l’immaginazione e le realtà alternative ci porta ad esplorare l’intersezione tra storia, finzione e suono. Unitevi a noi il primo venerdì per una Dub Lecture e un DJ set che completeranno l’installazione Dubship I – Black Starliner nell’Atrio BMW.

Un progetto African Robots vs SPACECRAFT, Dubship I – Black Starliner prende il nome dalla compagnia di navigazione Black Star Line fondata dall’attivista politico giamaicano Marcus Garvey nel 1919. Fondata come una linea di navigazione interamente di proprietà e con personale nero, l’obiettivo finale della compagnia di navigazione era quello di rimpatriare i discendenti degli schiavi africani dalle Americhe e dai Caraibi all’Africa.

Anche se ha avuto vita breve, la linea Black Star ha risuonato in seguito attraverso la storia. Circa cinquant’anni dopo a Kingston, Giamaica, il cantante reggae Fred Locks scrisse e registrò la canzone Black Star Liner (1976). Il testo della canzone descrive “Seven miles of Black Star Liner, coming into Kingston harbour”.

Il brano di Fred Lock aveva un lato B – una versione dub della canzone, con il testo rimosso, il basso e le percussioni enfatizzati, e i primi effetti elettronici usati per creare eco e ritardo e una sensazione di spaziosità nella traccia. Il Dub emerse alla fine degli anni ’60 in Giamaica grazie all’avvento di nuove tecnologie per la manipolazione del suono, riprodotto attraverso enormi sistemi audio nelle feste dancehall. Divenne una delle forme di musica popolare più influenti, influenzando molta musica elettronica oggi.

Il dub ha anche influenzato l’immaginazione in altre aree – l’iconico romanzo ‘cyberpunk’ di William Gibson, Neuromancer (1984), include un’astronave chiamata Zion con un equipaggio di ex minatori rastafariani, “le lastre irregolari e scolorite” del suo scafo improvvisato “scarabocchiato al laser con simboli rastafariani e le iniziali dei saldatori”. “La musica che pulsava costantemente attraverso l’ammasso… si chiamava dub, un mosaico sensuale cucinato da vaste biblioteche di pop digitalizzato; era un culto… e un senso di comunità”.

Immaginazione dell’esplorazione spaziale appare sulle copertine degli album dub e nei testi delle canzoni. La forma ha un rapporto intrinseco con la tecnologia, emergendo “come un esempio di come la fredda e alienante tecnologia occidentale possa essere addomesticata da coloro che non sono intesi come suoi utenti”, nelle parole dello scrittore e artista giamaicano Louis Chude-Sokei. David Toop scrive del dub come una prima forma di Realtà Virtuale, nel modo in cui crea spazi auditivi immaginari.

Questa scultura, Black Starliner, presente nella mostra Still here tomorrow to high five you yesterday… prende questi elementi per produrre la propria ‘versione’ di un’immaginaria nave spaziale, una ‘Dubship’ che opera non tra i continenti della Terra, ma nello spazio e tra le stelle. Parla di un desiderio di ritorno o di una nuova casa che è sia radicato nell’esperienza diasporica africana, sia più universale – il desiderio di un rifugio, una patria; e il trasporto attraverso la tecnologia.

L’ingresso sarà a metà prezzo come parte dell’iniziativa dello Zeitz MOCAA’s First Friday, WoZA Friday.

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