Amo le piccole tradizioni che si sviluppano organicamente in Buffer. Una di queste è quella di accogliere ogni nuovo compagno di squadra con una lunga catena di e-mail di felicità che inizia con la presentazione di quella persona.
Il più delle volte, la presentazione ha un certo rapporto:
- 1 parte di ciò che questa persona farà per Buffer e ha fatto per il lavoro in passato
- 2 parti di chi è questa persona nel mondo – una mamma, una breakdancer, un ex marine
Amo questo rapporto 1:2 perché parla di una semplice verità che ci sforziamo di riconoscere come squadra: Siamo più del nostro lavoro.
Per quanto possiamo amare il lavoro, non può essere la cosa che ci definisce pienamente.
A Buffer, ultimamente ci siamo concentrati sul portare tutto il nostro “io” al lavoro – le nostre passioni e forze, difetti e vulnerabilità, hobby e progetti personali.
Questo può essere abbastanza contrario al modo in cui la maggior parte delle aziende sono gestite, dove ci si aspetta che tu controlli la tua vita personale alla porta. Ed ha portato ad alcune straordinarie intuizioni e vicinanza.
Nella vita c’è molto di più di “Cosa fai?”
E ancora, non sono stato capace di prendere a cuore questa conoscenza nelle mie interazioni con gli altri.
Sono un po’ introverso nelle situazioni sociali, e il mio istinto naturale quando incontro nuove persone è quel vecchio ripiego, “Cosa fai?”
Ho avuto a lungo il sentore che questa domanda non sempre crea l’ambiente migliore per conoscere davvero qualcuno, e Geekwire spiega alcune ragioni del perché:
- E’ intesa come “Cosa fai per vivere?”
- Presuppone permanenza e stabilità quando la nostra economia e i nostri valori aprono strade più tortuose.
- Lega la tua identità a un lavoro invece di legare un lavoro alla tua identità più grande e in evoluzione.
- Carica il curriculum, un’uscita automatica data di volta in volta.
- La persona potrebbe non avere un lavoro al momento, il che è imbarazzante da spiegare in questo contesto.
- Alla persona potrebbe non interessare cosa fa per vivere. Ma deve dirvelo lo stesso.
Un modo per uscire dallo stampo e avere conversazioni più autentiche potrebbe essere quello di prepararci con molte alternative alla Domanda.
Ecco alcune: alcune sono solo piccole deviazioni da “Cosa fai?”, mentre altre vanno in una direzione completamente nuova.
La chiave, secondo Chris Colin e Rob Baedeker, autori di What to Talk About: On a Plane, at a Cocktail Party, in a Tiny Elevator with Your Boss’s Boss, è fare una domanda aperta. Il loro consiglio?
“Puntare su domande che invitino le persone a raccontare storie, piuttosto che dare risposte blande, di una sola parola.”
27 alternative a “Cosa fai?”
- Cosa ti appassiona di più?
- Cosa ti piace fare?
- Qual è la cosa migliore che ti è successa oggi?
- Cosa ti entusiasma di più in questo momento?
- A cosa stai lavorando?
- Se i soldi non fossero un oggetto, cosa faresti nella tua vita?
- Cosa fai per divertirti?
- Cosa ti piace davvero in questo momento?
- Qual è la cosa più interessante che ti è successa ultimamente?
- Come pensi che la tua vita abbia funzionato finora?
- Qual è stata la parte migliore della tua settimana/weekend?
- Cosa volevi fare da grande?
- Cosa non vedi l’ora di fare in questo momento?
- Qual è l’ultima foto che hai scattato con il tuo cellulare?
- Qual è la cosa per cui preferisci spendere soldi?
- Qual è la cosa più bella che qualcuno ha detto di te?
- A quale abitudine o miglioramento stai lavorando?
- Cosa ti rallegra?
- Qual è la tua parola preferita?
- Quale causa ti appassiona?
- Cosa ti passa per la testa ultimamente?
- Di quale abitudine personale sei più orgoglioso?
- Come passi le tue giornate?
- Quale problema vorresti risolvere?
- Qual è la cosa più interessante che hai imparato recentemente?
- Qual è il tuo emoji preferito?
- Con chi al mondo vorresti condividere un pasto?
Non vedo l’ora di provarli tutti e 27. Ecco a conversazioni migliori, più profonde e appaganti!
Quali domande ti piace fare in alternativa (o in aggiunta) a “Cosa fai? Mi piacerebbe aggiungere la tua scelta alla nostra lista!
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